Parrocchia San Giacomo Apostolo - Basilica B.V. della Navicella - Chioggia


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Progetto Pastorale

Diocesi di Chioggia
Programma Pastorale 2010 - 2011



“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone”

Sale della terra, luce del mondo


Introduzione
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a nostra diocesi sta vivendo, come tutta la chiesa italiana, una stagione particolare che, come abbiamo indicato all’inizio dell’anno pastorale 2009-2010, richiede l’attivazione della corresponsabilità di tutte le componenti della chiesa stessa, sia a livello di istituzioni come anche a livello di gruppi e di singoli.
La chiesa locale richiede un’amorevole attenzione da parte di tutti, che porti ad aprirsi alla comunione, alla collaborazione e alla corresponsabilità nell’esercizio della missione.
È da augurarsi che cresca la gioia della condivisione della fede e delle risorse sia di mezzi sia di persone perché la nostra chiesa possa rilanciarsi con sempre maggiore fedeltà, animata da tutti i carismi che il Signore le dona.
Propongo di fare nostro l’invito rivolto nel libro dell’Apocalisse alla chiesa di Filadelfia:
“All’angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi: Conosco le tue opere. Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome” (Ap 3,8).
Temiamo anche noi oggi di avere poche forze.
Sappiamo che le nostre opere sono conosciute dal Signore, se anche conosciamo la nostra fragilità tuttavia chiediamo con forza che il Signore Gesù apra anche davanti a noi una porta che nessuno scoraggiamento, nessun nostro rifiuto e nessuna forza avversa abbiano a chiudere.
Il cammino che ci sta dinanzi è la porta che il Signore apre per farci entrare in una più gioiosa e vitale esperienza di vita cristiana. Ci incoraggi anche l’esortazione che leggiamo nella Lettera agli Ebrei, 12,12-13:
“Perciò rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite e raddrizzate le vie storte per i vostri passi, perché il piede zoppicante non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire”.
Perciò, dopo l’anno impegnato sulla corresponsabilità ‘intra-ecclesiale’, atteggiamento ed impegno che deve naturalmente continuare a crescere, vogliamo rivolgere la nostra attenzione e impegno verso la corresponsabilità del cristiano nei confronti del mondo nel quale egli si trova a vivere. Prendiamo come punto di riferimento l’espressione di Mt 5,13-16:
“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.
Questo invito di Gesù suscita degli interrogativi alle comunità e a ciascun cristiano.
- Con quali modalità e priorità la nostra chiesa deve stare nel mondo concreto del suo territorio, in mezzo alla sua gente, per testimoniare Cristo e la forza del vangelo?
- Quali nuovi atteggiamenti assumere per superare i pregiudizi, l’indifferenza e il rifiuto dell’annuncio evangelico in questo nostro tempo?
- Come vivere oggi la consegna di Gesù ai discepoli:
“Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo… Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,13-16)?

1. La forza delle immagini “sale della terra e luce del mondo”
L
e immagini del sale e della luce illuminano la consegna che Gesù affida ai suoi discepoli.
“Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che a essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.
La vita di fede di chi si decide per Cristo non è un affare privato ma una vita vissuta ‘davanti agli uomini’.
Voi siete il sale della terra: essere sale della terra sottolinea che la vita del credente deve incidere e contare per tutti gli uomini; se non assume questa rilevanza essa rimane qualcosa da buttare ed essere ‘calpestata dagli uomini’. Voi siete la luce del mondo: i discepoli di Gesù sono definiti luce del mondo.
Caratteristica della luce è illuminare, se non fa questo essa è inutile. La destinazione della luce per il mondo è poi messa in relazione concreta con la città e con la casa, per dire che la testimonianza è da vivere sia nei confronti della comunità civile e sociale cui il cristiano appartiene (città) sia nell’ambito della propria vita familiare (casa). La missione del discepolo di annunciare l’amore di Dio Padre è affidata alle ‘buone opere’ del discepolo.

2. Testimonianza delle ‘buone opere’ come buona condotta di vita
L
e buone opere non indicano qualche buona azione saltuaria ma una buona condotta di vita su tutti i fronti, che però non è teoria ma che si concretizza in atteggiamenti e azioni che producono opere. A questo proposito ci può venire in aiuto una pagina antica, detta “A Diogneto”, che ci mostra come la comunità cristiana antica aveva compreso la qualità della vita cristiana in mezzo ad un mondo pluralista per cultura e religione.
Ecco quanto leggiamo ai numeri 5 e 6:
“I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono a una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi.
Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati e onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Se anche tu desideri questa fede, per prima otterrai la conoscenza del Padre.
Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro creò il mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro diede la parola e la ragione, solo a loro concesse di guardarlo, lo plasmò secondo la sua immagine, per loro mandò suo figlio unigenito, loro annunziò il Regno nel cielo e lo darà a quelli che l’hanno amato. Una volta conosciutolo, hai idea di qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha amato? Ad amarlo diventerai imitatore della sua bontà, e non ti meravigliare se un uomo può diventare imitatore di Dio: lo può volendolo lui (l’uomo). Non si è felici nell’opprimere il prossimo, nel voler ottenere più dei deboli, arricchirsi e tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio, sono cose lontane dalla Sua grandezza! Ma chi prende su di sé il peso del prossimo e in ciò che è superiore cerca di beneficare l’inferiore; chi, dando ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è imitatore di Dio. Allora stando sulla terra contemplerai perché Dio regna nei cieli, allora incomincerai a parlare dei misteri di Dio, allora amerai e ammirerai quelli che sono puniti per non voler rinnegare Dio”.

3. In dialogo con questo nostro mondo
L
e nostre comunità di antica e tradizionale fede cristiana non possono sottrarsi all’influsso del pluralismo religioso e culturale che caratterizza questo nostro tempo.
Questa nuova situazione richiede a chi vuole annunciare il vangelo di comprendere questo tempo e studiare l’atteggiamento idoneo per affrontare questa nuova situazione e dialogare con essa. Riassumendo alcuni pensieri dell’Enciclica
‘Redemptoris missio’ di Giovanni Paolo II possiamo dire che oggi ci troviamo di fronte a una situazione religiosa assai diversificata e in movimento: i popoli sono in movimento; realtà sociali e religiose che un tempo erano chiare e definite oggi evolvono in situazioni complesse come i flussi migratori, con il conseguente pluralismo culturale e religioso, la scristianizzazione di paesi di antica cristianità, il pullulare di messianismi e di sette religiose. È un rivolgimento di situazioni religiose e sociali, che rende difficile applicare in concreto le distinzioni e categorie ecclesiali cui si era abituati. Come interpretare questa realtà complessa e mutevole in ordine al mandato di evangelizzazione e come dialogare con essa e ad essa proporre il messaggio evangelico?
Il discorso di Paolo all’Areòpago di Atene che leggiamo in Atti 17,22-31 è composto da Luca come modello di annuncio del vangelo in un diverso ambiente culturale.

“Allora Paolo, alzatosi in mezzo all’Areòpago, disse: «Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi. Passando, infatti, e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un’ara con l’iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui, infatti, viviamo, ci muoviamo ed esitiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo. Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’immaginazione umana.
Dopo esser passato sopra ai tempi dell’ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi, poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti»”.
L’apostolo apre il dialogo riconoscendo la realtà culturale presente: ‘vedo…’(vv.22-23). Poi egli continua il dialogo e confronto facendo riferimento alle loro categorie culturali “come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto…” (24-29). Infine egli propone il ‘suo vangelo’ (30-31).
Al n. 37 della
Redemptoris Missio Giovanni Paolo II così commenta: “Paolo, dopo aver predicato in numerosi luoghi, giunto ad Atene, si reca all’areopago, dove annunzia il vangelo, usando un linguaggio adatto e comprensibile in quell’ambiente. (At 17,22) L’areopago rappresentava allora il centro della cultura del dotto popolo ateniese, e oggi può essere assunto a simbolo dei nuovi ambienti in cui si deve proclamare il vangelo. Il primo areopago del tempo moderno è il mondo delle comunicazioni, che sta unificando l’umanità rendendola - come si suol dire - «un villaggio globale». I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali. Le nuove generazioni soprattutto crescono in modo condizionato da essi. Forse è stato un po’ trascurato questo areopago: si privilegiano generalmente altri strumenti per l’annunzio evangelico e per la formazione, mentre i mass media sono lasciati all’iniziativa di singoli o di piccoli gruppi ed entrano nella programmazione pastorale in linea secondaria. L’impegno nei mass media, tuttavia, non ha solo lo scopo di moltiplicare l’annunzio: si tratta di un fatto più profondo, perché l‘evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso. Non basta, quindi, usarli per diffondere il messaggio cristiano e magistero della chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa «nuova cultura» creata dalla comunicazione moderna. È un problema complesso, poiché questa cultura nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici. Il mio predecessore Paolo VI diceva che «la rottura fra il vangelo e la cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca», e il campo dell’odierna comunicazione conferma in pieno questo giudizio. Molti altri sono gli areopaghi del mondo moderno verso cui si deve orientare l’attività missionaria della chiesa. Ad esempio, l’impegno per la pace, lo sviluppo e la liberazione dei popoli; i diritti dell’uomo e dei popoli, soprattutto quelli delle minoranze, la promozione della donna e del bambino, la salvaguardia del creato sono altrettanti settori da illuminare con la luce del vangelo. È da ricordare, inoltre, il vastissimo areopago della cultura, della ricerca scientifica, dei rapporti internazionali che favoriscono il dialogo e portano a nuovi progetti di vita. Conviene essere attenti e impegnati in queste istanze moderne.”

4. Scelte concrete e significative
A
vvertiamo il bisogno di tempi prolungati per questo cammino con scelte significative che appena intuiamo. Ogni scelta implica la dinamica del prendere/lasciare. La vita non può essere ingolfata di una miriade di iniziative vecchie e nuove. S’impone la scelta, dettata da saggio discernimento.

a) Per noi preti, in continuità con la proposta dello scorso anno, c’è bisogno di ripensare l’esercizio del nostro ministero presbiterale alla luce di quanto scrive il documento Cei, “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia”, Roma 2004, 12,:
“I sacerdoti dovranno vedersi sempre più all’interno di un presbiterio e dentro una sinfonia di ministeri e di iniziative…, il presbitero sarà meno l’uomo del fare e dell’intervento diretto e più l’uomo della comunione… la sua passione sarà far passare i carismi dalla collaborazione alla corresponsabilità, da figure che danno una mano a presenze che pensano insieme e camminano dentro un comune progetto pastorale”.
La scelta di costituire ‘Unità Pastorali’ ha come scopo di mettere i preti in condizione di offrire in collaborazione un servizio più qualificato al vangelo, unificando e qualificando le iniziative e coinvolgendo le comunità parrocchiali e i preti nel comune impegno per l’annuncio del vangelo e maturazione di una autentica vita cristiana.
Questo significa occuparci maggiormente dell’educazione alla fede del nostro popolo, con proposte educative efficaci nell’ambito liturgico e catechistico, nell’iniziazione alla vita cristiana dei ragazzi, nella preparazione seria dei giovani alla vita matrimoniale, nella formazione di genitori che non solo chiedano i sacramenti, ma che abbiano la capacità e la gioia di trasmettere la fede ai loro figli, di educarli alla preghiera personale in famiglia e alla preghiera in comunità.

b) Per i laici, si pone l’urgenza di una formazione personale nei vari ambiti della propria testimonianza.
Come prepararsi ad annunciare e testimoniare la fede in famiglia, nel mondo del lavoro, dell’impegno sociale e politico? Quali opportunità offre la comunità cristiana e quanto spazio e attenzione vengono riservati alla formazione alla fede adulta dopo il periodo dell’iniziazione cristiana? È tempo che i laici chiedano più formazione e non tendano a ridurre sempre più le già scarse proposte formative offerte. Quale preparazione viene offerta perché la presenza del cristiano sia evangelica, che non vuol dire confessionale, nell’ambito politico, sociale, del lavoro, della comunicazione.
c) Nell’ambito delle strutture sociali, con quale modalità e priorità la nostra Chiesa diocesana deve stare nel suo territorio in modo da essere in vario modo sale della terra e luce del mondo? Attraverso quali nuove opere buone i cristiani sono chiamati a risplendere di fronte agli uomini del nostro tempo e territorio? Quali nuovi strumenti deve darsi o come migliorare gli strumenti della comunicazione con l’apporto qualificato e stimolante di molti? Come valorizzare i beni culturali in funzione educativa e culturale allargata. Come muoversi nell’ambito della solidarietà, del volontariato, della cooperazione, dell’educazione all’eticità e legalità, perché le opere dei cristiani anche su questi campi risplendano davanti agli uomini?

Conclusione
C
redo che vada riconosciuta la necessità di rilanciare l’impegno educativo-formativo all’interno delle nostre comunità, lo sforzo di essere presenti nei luoghi dove si elabora la cultura, non ultimi i mass media, la sfida del dialogo con tutti, l’amore e la fiducia per questo nostro tempo e le sue numerose risorse. È opportuno trovare dei luoghi e strumenti nei quali pensare ed elaborare insieme modalità di crescita, di formazione e di offerta formativa per essere sale della terra e luce del mondo.



+ Adriano, vescovo


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